Che cosa succede davvero a Lione, quando si vive qui? Tra i luoghi speciali che ho scoperto in questi due anni di vita lionese, vorrei raccontarvene un paio che ben rappresentano una città nel cui DNA ci sono la gastronomia e la cultura. Sembra la solita premessa, ma non vi parlerò di ristoranti né di musei.
Vi introdurrò invece a due istituzioni di Lione che operano sotto la trama del tessuto urbano e incarnano una stessa volontà: quella dell’eccellenza, del rigore, ma anche dell’accompagnamento verso il bello, verso le arti sensoriali, sceniche e culinarie. La prima è La Scuola di cucina Gourmets dell’Istituto Lyfe e la seconda è il CND, Centro Nazionale della Danza a Lione.
Institut Lyfe PAUL BOCUSE
Institut Lyfe è il nuovo nome dell’Institut Paul Bocuse: una delle scuole internazionali più prestigiose nel campo della gastronomia, dell’ospitalità e del management della ristorazione. Fondato a Lione nel 1990 da Paul Bocuse e Gérard Pélisson, nel 2023 l’Istituto è coinvolto in un’evoluzione strategica, che riflette una strategia di modernizzazione e internazionalizzazione. Il rebranding in “Institut Lyfe” (acronimo di “Lyon for Excellence“) non intacca la qualità dell’insegnamento, i valori fondanti e, ovviamente, le sue radici nella capitale della gastronomia francese. Ogni anno, accoglie circa 1200 studenti a Écully, all’interno di un parco di sette ettari che ospita il meraviglioso Château du Vivier, costruito nel XIX secolo. Offre programmi di Bachelor e Master nei vari ambiti delle arti culinarie. A chi non può permettersi un’esperienza formativa nel campus internazionale, non resta che rivolgersi al numero 20 di Place Bellecour, in pieno centro città. Nell’elegante edificio storico dell’hotel Le Royal Lyon MGallery, l’École de Cuisine Gourmets ospita corsi intensivi rivolti agli appassionati di gastronomia, con lezioni pratiche tenute da chef, pasticceri e esperti del settore.
Inutile dire che partecipare a uno di questi corsi mi è sembrata un’opportunità imperdibile. Le ricette dei grandi chef e le tecniche di lavorazione a tema: crostacei, vitello, volatili, foie gras, i fondi e le salse; la cucina vegetale, asiatica, stagionale… e poi ovviamente tutta la pasticceria. Impossibile scegliere un corso, un dilemma irrisolvibile, uno scoglio insormontabile! Per il mio compleanno, sono stata così fortunata da ricevere in regalo un modulo sulle tecniche di preparazione del pesce che mi ha tolto dall’impasse. Mi sono avvicinata alla prima giornata di formazione con un’emozione fortissima. La piazza Bellecour era avvolta nella nebbia e l’ambiente raffinato dell’edificio e dei locali mi ha subito conquistato. Il caffè che ci ha accolti, con i croissants e tutte le mini viennoiserie di rito, è stato lo spazio di transizione tra la strada, o vita reale, e la cucina professionale.
Per i curiosi dei dettagli: lo Chef Sébastien Mathieu ci ha mostrato le tecniche di sfilettatura e taglio di quattro pesci diversi. Abbiamo realizzato delle preparazioni in ceviche, in papillote, alla meunière, e ovviamente un fumetto, che serve sempre e permette di trasformare gli scarti in un brodo altamente concentrato,
oltre a funzionare come base aromatica preziosissima. Siamo usciti con le ricette seguenti: ceviche di orata, con leche de tigre a base di latte di cocco, lime, mango, una dadolata di patata dolce e avocado, coriandolo e peperoncino di Espelette; trancio di ombrina alla mugnaia, con patate alla lionese (che abbiamo tagliato con lo spiralizzatore e poi cotte nel grasso d’anatra) sopra una salsa bordolese con vino, midollo, timo, alloro e pepe; guancia di rana pescatrice alla maniera Rockefeller, quindi servita con un burro morbido aromatizzato alle erbette e spinaci, scalogno, aglio, addensato con il panko e emulsionato al Pastis; infine un ballottino di trota fario, guarnita con della tapenade di olive nere e accompagnata da un tabbouleh libanese.
Il ritmo di una cucina da chef è impressionante. La catena di operazioni che compongono il flusso di lavoro mi ha permesso di: osservare, seguire le istruzioni, annusare, fare. Impariamo a sbucciare cipolle, affettare, cesellare, ridurre. Ad ascoltare il diverso rumore di: foglie e steli del mazzo di prezzemolo sotto al coltello che sbatte sul tagliere, scaglie di una grande orata selvatica dell’oceano, quando viene squamata, materia grassa che sfrigola nella padella quando aggiungiamo la polpa compatta e succulenta.
Ogni piatto un’astuzia, un elemento da fare marinare, un altro da laccare; ogni assaggio un tuffo nella complessità, nella rotondità di un piatto gourmet ben bilanciato. Abbiamo appreso tecniche standard, tradizionali e innovative, in un ambiente stimolante. Abbiamo degustato i nostri piatti nella cucina, in un’atmosfera molto conviviale. Il dessert e il calice di vino, che non erano oggetto della formazione, sono stati offerti dall’istituto. Oltre ai corsi, nello stesso edificio si trova anche L’Institut Restaurant, un ristorante didattico gestito dagli studenti dell’Institut Lyfe. Questa sede rappresenta un’estensione del campus di Écully e offre un’opportunità unica per immergersi nella cultura gastronomica francese direttamente nel cuore di Lione. La vista sulla piazza e sulla Rue de la Charité per me è parte del fascino, quando i vapori della cucina sulle vetrate riflettono la bruma dell’inverno che galleggia sopra ai due fiumi, avvolgendo la Presqu’île.
Centro Nazionale della Danza a LIONE
A un anno di distanza, sempre sulla Presqu’île, dove ho abitato appena arrivata in questa città, ho vissuto un’altra grande emozione: quella di essere invitata al Centre National de la Danse, nella Rue Vaubecour, per una conversazione con una giornalista e critica di teatro e arti plastiche. Il CND di Lione è la sede secondaria del centro nazionale francese dedicato alla promozione e sviluppo della danza di Parigi. Offre formazione professionale, residenze artistiche, e supporto a danzatori e coreografi professionisti. L’ingresso al centro si fa al piano strada e una grande scala in legno mi introduce ai tre piani nei quali si articola un meraviglioso spazio di lavoro, ricavato da un’antica mûrisserie de bananes: un edificio dove negli anni Sessanta venivano immagazzinate le banane che arrivano verdi dall’Africa o dai territori d’oltremare, permettendo la loro maturazione prima della distribuzione. L’altezza dei soffitti dell’edificio con le massicce travi a vista mi ha completamente affascinato. Un grande contrasto con la donna minuta che mi ha introdotto in uno studio angusto, dove libri e affiches si accatastavano attorno alla scrivania, lasciandoci a malapena lo spazio per sederci l’una di fronte all’altra. Ciò che mi ha attirato in questo luogo è stata proprio l’opportunità di incontrare lei, Gallia Valette-Pilenko, voce autorevole del panorama critico lionese, che avevo incrociato rapidamente alle conferenze stampa degli ultimi mesi. Personalità di rilievo, ho percepito come una sottile soggezione si diffonda nell’ambiente ogni volta che varca la soglia di un luogo istituzionale. Quella mattina ha uno sguardo limpido. Con un paio di gesti rapidi, si toglie le scarpe e annoda i piedi sulla sedia; da quella postazione, inizia a raccontarmi il panorama della danza lionese.
La conversazione con Gallia è stata molto di più di quello che mi aspettavo: è stata la condivisione del suo sguardo sull’ambiente culturale della città e la conferma che ciò che distingue Lione è una vera cultura della danza. Per la presenza della Maison de la Danse, con la sua programmazione ricchissima, unica istituzione in Francia esclusivamente dedicata a questa arte, insieme al Théatre National de la Danse di Challiot, a Parigi; per la presenza del teatro dell’Opera, con il suo Ballet de l’Opéra di Lione;
e infine per la Biennale de la Danse, che dal 1984 rappresenta uno dei più importanti festival europei dedicati alla danza contemporanea. Con un punto di forza determinante: il Défilé di apertura, uno degli eventi coreografici più spettacolari e partecipativi d’Europa, nonché il momento inaugurale e simbolico della Biennale. La sua particolarità risiede nel fatto che non è solo una sfilata da vedere, ma un’esperienza collettiva da vivere. Un grande progetto partecipativo, che si prepara per mesi e coinvolge centinaia di cittadini di tutte le età, provenienti da diversi quartieri della metropoli lionese e da altre città della regione. Il coinvolgimento avviene mediante una selezione di gruppi partecipanti, ciascuno dei quali viene guidato da un coreografo professionista, e dalla proposta di laboratori coreografici, atelier gratuiti di danza, durante i quali i partecipanti imparano una coreografia pensata appositamente per l’evento. I partecipanti prendono parte anche alla creazione dei costumi e degli elementi visivi (carri, oggetti scenici), in collaborazione con artisti e artigiani locali. Un vero progetto di cittadinanza attiva, considerato un modello internazionale di arte partecipativa che ha ispirato iniziative simili in altre città europee. Mancano ormai pochi mesi all’evento e non vedo l’ora di vivere questo appuntamento, oltre ad assistere agli spettacoli dei numerosissimi artisti associati con la Biennale.
Lione è una città che dimostra un grande impegno volto alla condivisione di risorse, competenze o servizi tra i soggetti che gestiscono l’offerta culturale. La cooperazione tra enti pubblici, associazioni o imprese sostiene e nutre una vera cultura delle arti performative. In questo contesto, Il Centre National de la Danse svolge un ruolo fondamentale nel creare connessioni: organizza workshop con coreografi internazionali, incontri professionali che facilitano la rete tra professionisti del settore, simposi e conferenze, e fornisce sostegno alla creazione emergente. Tra l’altro, il CND conserva un importante archivio sulla danza che Gallia mi ha mostrato con grande passione e delicatezza dopo avermi fatto visitare le sale prove.
A presto su Expat Experience, narrazioni espatriate.
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