Alice Prina
La libreria tra due fiumi
Milano, PIEMME, 2024
Romanzo
Ho conosciuto Alice Prina al Café de la Cloche, poche settimane prima della presentazione a Milano del suo libro d’esordio, La libreria tra due fiumi, nel settembre di quest’anno (2024). Ed è lì che Alice mi ha raccontato il percorso che questo romanzo ha compiuto prima di arrivare sugli scaffali.
Un laboratorio per la lavorazione della seta, trasformato con passione, è il luogo dove due donne, Greta e la sua migliore amica Sophie, hanno dato vita a un progetto condiviso: una libreria. Questa libreria si trova a Lione, tra due
fiumi, di fronte alla collina della basilica di Fourvière. Qui Greta ha costruito brandelli di vita, lasciandosi alle spalle la città di Milano e le proprie origini. Ma l’equilibrio trovato in questa piccola attività imprenditoriale si infrange quando Sophie si ammala e muore precocemente.
Greta si ritrova così a gestire, da sola, la libreria e soprattutto a prendersi cura di Lena, la figlia adolescente di Sophie, che le è stata affidata dall’amica. Questa ragazzina, chiusa in un dolore lancinante, non riconosce il ruolo che Sophie ha assegnato a Greta e rifiuta qualsiasi tentativo di avvicinamento. In preda al panico e allo sconforto, Greta inizia ad accumulare davanti alla porta della stanza di Lena una pila di libri: i romanzi ai quali è più legata e che l’hanno sostenuta nei momenti difficili. Il gesto di Greta è al tempo stesso un gesto semplice e disperato, che tenta di avvicinare due mondi che apparentemente non hanno nulla da dirsi.
Nella fatica di destreggiarsi tra il mercato dei libri e l’accudimento di un’adolescente ribelle, Greta percorre più volte la strada che da Lione le permette di rientrare in Italia, dove vive il fratello e la sua complicata famiglia. Ogni volta è un viaggio difficile, durante il quale Greta, stretta nell’abitacolo della sua auto e sotto lo sguardo della Sacra di San Michele arroccata tra le montagne, si arrovella sugli stati d’animo che la percorrono.
Durante uno di questi rientri, alcune ambiguità nelle relazioni familiari inducono Greta a intraprendere una ricerca sulla storia della propria bisnonna Catena. Questa indagine fa muovere la vicenda tra Milano, Parigi e Lione, in un viaggio che è per Greta anche di scoperta personale. Lentamente, lasciando partecipare Lena alla propria ricerca e continuando ad appoggiare volumi davanti alla porta della sua camera, Greta riesce ad incrinare la corazza dell’adolescente, aprendo un varco tra due grandi solitudini.
Nella prima parte della storia, la libreria tra i due fiumi lionesi rappresenta il negozio in cui la protagonista arriva sempre trafelata, confusa e angosciata, dove la giornata scorre con lentezza estenuante, tra gli scaffali e il retrobottega. Ma con lo scorrere dei mesi, anche la libreria diventa un luogo di rinascita e di connessione, dove le parole di Sophie risuonano costantemente: “È in questo posto che avvieremo la nostra attività, è qui che finalmente metteremo radici”.
Il tema del radicamento e dell’espatrio si intreccia con la narrazione. Potremmo dire che La libreria tra due fiumi è un romanzo che sottintende il tema dell’espatrio. Pur non avendo un ruolo esplicito nella storia, l’espatrio viene tratteggiato con profondità: coinvolge la protagonista e ancora prima la bisnonna, rivelando l’impatto che alcuni episodi di vita all’estero hanno avuto sulla vita di queste due donne.
Per Greta, l’espatrio non costituisce soltanto una scelta pragmatica, ma un’esperienza esistenziale, globale e trasformativa. Lasciare Milano è stato il tentativo di realizzare un sogno e, contemporaneamente, di reinventarsi e sottrarsi a un ambiente familiare opprimente. L’antico laboratorio della seta, divenuto libreria, rappresenta un microcosmo dove Greta si è ritagliata uno spazio di appartenenza in un luogo estraneo. Tuttavia, come spesso accade agli espatriati, il senso di radicamento è fragile e costantemente messo alla prova. L’espatrio, in questo romanzo, non si limita al semplice trasferimento fisico, ma diventa una metafora del distacco: da ciò che si conosce, da ciò che si ama, persino da una parte di sé stessi. Greta affronta la solitudine e l’isolamento, amplificati dalla perdita di Sophie, che rappresentava la sua àncora emotiva e pratica. Perfino la libreria, inizialmente rifugio, rischia di trasformarsi in un luogo vuoto, incapace di sostenerla in assenza di quella complicità che dava significato alla vita quotidiana.
A prescindere dai luoghi in cui il romanzo è ambientato, l’esperienza della protagonista evoca le sfide comuni che deve affrontare chi si sposta oltre i confini del proprio paese: una lingua diversa, abitudini che non si padroneggiano completamente, un senso di precarietà nel sentirsi sempre un po’ stranieri. Questo è particolarmente evidente nel rapporto con Lena, la figlia di Sophie, che diventa il simbolo di una difficoltà più ampia nel trovare un posto nel mondo. Greta non solo si trova in un paese che non è il suo, ma cerca anche di costruire un legame con una ragazza che non la riconosce come parte della propria famiglia.
Attraverso la letteratura, Greta prova a stabilire un contatto che possa colmare il vuoto di entrambe. Ma non è unicamente un tentativo di comunicare. La sua offerta di letture, lasciate davanti alla porta chiusa, è un atto d’amore
verso la figlia di un’amica, che si compie in maniera quasi inconsapevole. È un gesto profondamente umano che riflette il desiderio di superare le barriere, universale perché riconoscibile da chiunque abbia cercato di costruire relazioni in un contesto nuovo, sia esso geografico o emotivo.
L’espatrio, quindi, al di là della questione territoriale, è anche un movimento interno: Greta si sposta, ma nel farlo è costretta a confrontarsi con il proprio passato, con le sue paure, e infine con la propria capacità di accettare la perdita e abbracciare nuove possibilità. Il viaggio tra Milano, Parigi e Lione, intrapreso per ricostruire la storia della bisnonna, diventa un doppio percorso: fisico e interiore. Ricostruire le radici familiari non serve soltanto a conoscere il passato, ma anche a riconciliarsi con esso, a riappropriarsi della propria storia, trovando il coraggio di guardare al futuro.
La scrittura di Alice Prina alterna momenti di leggerezza e di sofferenza, eppure è molto uniforme. Conduce il lettore nello scoprire, con delicatezza, come la letteratura possa accompagnare nel dolore, perfino nel lutto, creare legami e curare ferite più o meno visibili.
In conclusione, due sensazioni permangono alla fine del romanzo: l’intimità della lettura come rifugio sicuro e la celebrazione del potere dei libri come strumenti capaci di creare passerelle tra persone e culture – passatoie fragili o ponti tibetani, elastici e duraturi – unendo ciò che a prima vista sembrava inesorabilmente distante.
Esperienza di lettura: il viaggio interiore
L’esperienza di lettura si arricchisce di un altro livello quando il lettore espatriato incontra nei libri non soltanto altre storie di vita all’estero, ma anche riflessioni sul suo stesso percorso.
L’espatrio è spesso un viaggio interiore, una continua ricerca di sé stessi. Leggere può diventare il modo per esplorare nuove culture, ma anche il proprio mondo interno: la relazione con la propria identità, con la propria storia personale e familiare, le difficoltà di comunicare e le contraddizioni che sorgono nel sentirsi a metà strada tra due (o più) luoghi.
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Merci, ça m’attire beaucoup, prochain titre à lire certainement!